Plinio Il Vecchio nella sua opera Naturalis Historia:
«Le querce per la loro smisurata invadenza nel crescere occupano addirittura il litorale e, a causa delle onde che scavano la terra sotto di esse o del vento che le sospinge, si staccano portando con sé grandi isole costituite dall’intreccio delle loro radici: restano così dritte, in equilibrio, e si spostano galleggiando. La struttura dei grossi rami, simile a un armamentario velico, ha spesso creato lo scompiglio nelle nostre flotte quando le onde sospingevano questi isolotti, quasi di proposito, contro la prua delle navi alla fonda di notte; ed esse, non riuscendo a trarsi d’impaccio, ingaggiavano uno scontro navale contro delle piante. Sempre nelle regioni settentrionali la selva Ercinia con le sue querce di enormi dimensioni (lasciate intatte dallo scorrere del tempo e originate insieme con il mondo) è di gran lunga, per questa condizione quasi immortale, il fenomeno più stupefacente. Per non stare a menzionare altri fatti che non suonerebbero credibili, risulta effettivamente che le radici, arrivando a fare forza l’una contro l’altra e spingendosi indietro, sollevano delle colline; oppure, se il terreno non le segue spostandosi, s’incurvano fino all’altezza dei rami e formano degli archi a contrasto come portali spalancati, tanto da lasciare il passaggio a squadroni di cavalleria».