Vorrei soffermarmi con voi su alcuni aspetti di questo albero, escludendo per il momento alcuni dettagli scientifici che seppur interessanti, possono appesantire la lettura. Vorrei prendere in considerazione i concetti legati alla ‘filosofia naturale’ (che nei prossimi articoli andrò a declinare secondo i miei studi), alla mitologia ed alla religione per discutere con voi alcuni principi fondamentali che da sempre rappresentano il legame tra uomo e foresta.
E’ mia opinione che abbiamo perso molta della conoscenza legata alla natura concentrandoci solo sugli aspetti ‘misurabili’ di quella che percepiamo come scienza e che in realtà, tale non è, se non prendiamo in considerazione etica e filosofia. Cosa voglio dire? Che tutta la realtà che ci circonda è generata da uno scambio (in parte trasformazione) tra esseri viventi e materia inanimata. Se non prendiamo in considerazione (ad esempio) il pianeta come un essere vivente che si può ammalare e morire, vedremo il nostro impatto sul sistema solo come un limite da non superare, credendo di essere tutti al sicuro, mentre abbiamo già avviato un processo di degenerazione indipendente. Mi ripropongo di rendere meglio questo concetto negli articoli futuri. Per ora mi limito ad introdurlo e portare degli studi pratici perchè ritengo sia molto più interessante fare delle deduzioni a livello personale che segnare un solco netto e preciso e pretendere accondiscendenza.
Il genere Quercus della famiglia delle Fagaceee comprende circa 600 specie distribuite tutte nella parte Nord del nostro pianeta, in particolare 27 sono spontanee in Europa e dominavano i nostri boschi tra il 5000 ed il 2000 a.C.. Oggi, in Italia, nelle nostre foreste planiziali sono presenti soprattutto: Farnia (Quercus robur L.), Rovere (Quercus petrea Liebl.), Roverella (Quercus pubescens Willd) e Leccio (Quercus ilex) – Fonte : arpae.it
Le querce hanno un portamento che generalmente (escluse alcune specie) tendono ad abbracciare tutto lo spazio attorno, allargando i loro rami con una folta chioma di foglie. Pensate che una quercia è in grado di produrre annualmente fino a 250.000 foglie e se attaccata dalla processionaria (Thaumetopoea pityocampa) riesce a produrre in poco tempo, uno strato supplementare di foglie che ne assicurano la sopravvivenza.
La sua folta chioma, i suoi frutti (ghiande), la corteccia rugosa.. riescono a creare un vero e proprio micro-ecosistema in grado di ospitare oltre 280 specie di insetti e di conseguenza attirare un gran numero di animali tra uccelli e mammiferi, più di qualsiasi altro albero. Tra le sue foglie morte ed i rami caduti si sviluppa un livello di biodiversità elevatissimo. Muffe, licheni e fughi si spingono fino a colonizzare la corteccia ed arricchiscono questo habitat di una grande quantità di esseri viventi che continuamente trasformano in materia vivente elementi inorganici, scomponendo e ricomponendo le basi della stessa vita.
Questo (e come vedremo non solo) nel corso dei millenni ha lentamente ‘costruito’ miti e leggende attorno a questo albero, che rappresenta forza e virilità per un motivo principale: non trattiene per se nulla, dona perché gli venga restituito.
Questo concetto viene ben espresso dal rituale celtico che precedeva il taglio di un albero, con particolare attenzione alla quercia. Secondo la mitologia celtica in tutti gli alberi dimorano le Driadi, divinità che vivono in simbiosi con il loro ospite e vanno allontanate prima che si proceda al taglio. Alcune di queste Driadi non possono lasciare il proprio albero e per questo motivo, con alcuni di questi non si poteva procedere al taglio. La maggior parte delle Driadi legate in modo indissolubile al suo albero abitava proprio nelle querce. Non solo non si poteva praticare il taglio ma anche ogni singolo ramo e foglia caduta non potevano essere rimosse o tagliate.
Le Driadi in quella che personalmente ho definito ‘filosofia naturale’, approfondendo un pensiero che si era già sviluppato fino a circa il XIX secolo, rappresentano l’insieme di tutti gli esseri viventi che abitano l’albero e costituiscono lo spirito, ovvero il concetto di comunione e collaborazione tra esseri viventi e non che l’uomo identifica e antepone alla propria utilità. In altre parole, anticamente per spiegare un concetto complesso come salvaguardia e tutela della biodiversità usavano costruire leggende che attraverso l’uso di simboli e miti costituissero un’etica di comportamento. Prima di tagliare un albero era necessario stabilire se l’impatto sull’ambiente circostante creasse uno squilibrio.. oggi è sufficiente possedere un’autorizzazione. E’ assolutamente evidente come le Driadi che non potevano lasciare l’albero fossero specie stanziali che in sua assenza sarebbero scomparse.. oggi l’abbiamo forse dimenticato? Ma è anche ciò che rappresenta per l’ambiente questa piccola oasi che deve farci riflettere non solo la sua eventuale unicità. La forza, la passione e la virilità di questo albero si esprime perfettamente in questo concetto nodale. L’uomo è libero di procedere come meglio crede ma senza etica può realmente definirsi completo? La quercia non sostiene alcun discorso e non si esprime a parole. Sono le sue azioni che ne determinano il ruolo di grande importanza e attraverso il pensiero dell’uomo si trasformano in un messaggio di inclusione e condivisione con il mondo. Forza e virilità sono nelle proprie azioni.. parole e pensieri sono solo interpretazioni.
Nei prossimi articoli, ricollegandoci a quanto scritto finora parleremo dell’Albero della Madonna, dei Re che hanno abitato sotto una quercia e della simbologia legata a questo albero in letteratura.
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