La Quercia (Parte 2 di 3)

Continuiamo questo viaggio attraverso la storia di questo maestoso e meraviglioso albero che in ogni tradizione della nostra Europa ha lasciato il segno, accompagnando miti e leggende che da centinaia di anni continuano a tramandarsi. In tutte le arti e le opere dell’uomo c’è un albero e la quercia ne rappresenta a pieno lo spirito, la volontà di aspirare a qualcosa di divino, il desiderio di entrare in risonanza con quelle virtù che gli Dei o Dio se vogliamo, hanno trasmesso all’uomo. Come accennato nell’articolo precedente, la quercia rappresenta un vero e proprio micro-ecosistema in cui ogni elemento, rami, corteccia, frutti, foglie è una chiave di sopravvivenza per un’altra specie e questo elemento permea nella storia dell’uomo e filosoficamente assume la forma di un pensiero, di una azione.

In epoca pre-cristiana in Germania, il luogo di sepoltura di eroi e guerrieri erano boschi sopraelevati di quercia. Successivamente, quando furono edificati veri e propri cimiteri di guerra, si usava piantare alberi di quercia attorno ai recinti. Nei secoli dovevano resistere a qualunque tempesta, per testimoniare come il sacrificio di questi uomini si fosse tramutato in forza di volontà e atto di suprema virtù per le generazioni a seguire. Quegli eroi sarebbero diventati eterni ogni volta che lo sguardo avesse incontrato una quercia, avrebbero trasmesso coraggio e spirito di sacrificio a tutti coloro che ne conservavano memoria. L’albero era la reincarnazione dell’eroe guerriero che entrava nella ritualità delle stagioni, veniva celebrato e ricordato perché l’immagine fosse trasformata in pensiero ed azione, la paura diventasse il coraggio di mettere radici e sacrificarsi.

Anche in Italia nella tradizione rurale dei culti cristiani, l’albero della quercia rappresenta un importante legame tra cielo e terra, tra la necessità di procurarsi sostentamento lavorando la terra, allevando animali e la ricerca di una crescita spirituale, osservando delle regole che altro non erano che una filosofia di vita. Da qui, la trasformazione delle tradizioni agro-pastorali in culto e adorazioni di immagini sacre, da cui deriva la tradizione dell’Albero della Madonna. Il contadino che aveva comprato una terra, se non gli veniva indicato dal venditore, individuava un albero di quercia che cresceva al bordo del suo campo e qualora non ce ne fossero, ne piantava uno, dedicandolo alla Madonna. Di questo albero non si poteva toccare o utilizzare ne foglie ne rami, anche se caduti. L’albero non poteva essere abbattuto se non quando completamente morto e non prima che ci fosse stato lo scioglimento del voto da parte del prete. Avere a protezione del campo un albero sacro che potesse ospitare, quella che oggi chiameremmo biodiversità, era fondamentale per avere fertilità e buona salute del terreno e ricordare che ogni preghiera ha come fine ultimo la richiesta di protezione per tutto quello che ci circonda: uomini, animali, vegetali rocce.. il pianeta stesso.

In Inghilterra la storia di alcuni re è legata a doppio filo a questo maestoso albero, in modo particolare la leggenda secondo cui Carlo II per sfuggire ai suoi nemici, prima di fuggire in Francia si rifugiò per alcuni giorni nel tronco cavo di una quercia. Al suo ritorno in patria fu accolto da una folla che lungo le strade sventolava foglie di quercia e lo acclamava come un eroe. Durante tutto il suo regno si servì di questo simbolismo per propagandare la sua discendenza dinastica ad opera di una insegna divina ed in tutti i modi se ne servì per raccogliere consensi e condizionare le masse. Con grande perspicacia, lui o i suoi collaboratori, intuirono come sia possibile introdurre dei condizionamenti utilizzando i simboli in modo che, facendo leva su precisi archetipi, risuonino non come giusti o sbagliati ma come principio di appartenenza. Musica, letteratura, pittura e persino religione diventarono mezzi di propaganda che trasmutano eventi nefasti e distruttivi come la guerra, nella necessità di essere più forti. Ad esempio, inserendo nell’inno patriottico frasi che ricordavano come i colpi inferti dal nemico, altro non facevano che rafforzare le radici della quercia. Oppure, facendo ritrarre nobili ed aristocratici in quadri che sullo sfondo rappresentassero querce e boschi millenari, illudendo chi le guardava che altrettanto antico e potente fosse il loro lignaggio.

L’uso di simboli ed archetipi può essere quindi non solo fonte di ispirazione e trasmissione di sani principi ma può anche avere effetti travolgenti e tristi conseguenze nelle mani di approfittatori. L’unica arma che può difenderci è la conoscenza, lo studio della Tradizione.

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Plinio Il Vecchio – Boschi Sacri d’Europa