Il Sambuco (Sambucus nigra L.)

 Più comune nella forma di cespuglio di 3-7 metri di altezza può raramente assumere un portamento arbustivo e raggiungere l’altezza di 10 metri. Predilige i boschi umidi ed i luoghi incolti di tutta Europa.

Le foglie sono pennate composte da 5 foglioline finemente seghettate a fillotassi opposta, le infiorescenze sono appiattite superiormente, di colore bianco-crema a corolla ruotata in corimbi di circa 15 cm.

I fiori spuntano nel periodo tra Giugno ed Agosto dopo la fogliazione, mentre i frutti tra Agosto e Settembre.

I frutti sono drupe nere simili a bacche, nere e lucide, pendule e carnose di 6-8 mm di grandezza.

L’interno dei suoi rami è costituito da un voluminoso midollo chiaro e tenero, l’esterno punteggiato da lenticelle di sughero.

Ricordo che mio nonno proprio dai suoi rami, ricavava fischietti e flauti, svuotandoli ed adattando un’ancia sottile.

Le drupe nere del sambuco sono classificate come commestibili ma vi raccomando molta attenzione!

Se ingerite acerbe o non ben mature possono causare disturbi gastrointestinali. Solo la cottura distrugge le sostanze tossiche contenute nei semi. Per questo motivo mi raccomando sempre di affidarvi ad un esperto per la raccolta di piante selvatiche, seguire dei corsi e chiedere sempre consiglio a qualcuno con più esperienza.

Nei giardini viene spesso piantata la varietà canadese del sambuco (Sambucus canadensis ‘Maxima’) perchè producendo drupe più grandi ha una resa migliore nella preparazione di marmellate e succhi. Il mio invito come al solito è quello di preferire le specie autoctone e non lasciarsi tentare dalla pura estetica o dal ‘rendimento’. E’ sempre bene conservare un ambiente naturale che appartiene al territorio, conservare le tradizioni e diffondere specie che da millenni sono in equilibrio e simbiosi.

C’è un antico rituale contadino diffuso non solo in Lomellina ma anche in alcune zone del Sud Italia, in cui gotta e febbre si potevano ‘passare’ all’albero attraverso alcune preghiere. Anche la sua cenere, mescolata al brandy e filtrata da un panno di cotone, produceva un unguento utilizzato per guarire da bronchite e tosse.

IN NESSUN CASO UTILIZZATE QUESTE RICETTE (VOLUTAMENTE LASCIATE INCOMPLETE). LE PROPONGO AL SOLO SCOPO STORICO-ILLUSTRATIVO. CONSULTATE SEMPRE IL MEDICO PER QUALSIASI DISTURBO O MALANNO. NON MI ASSUMO NESSUNA RESPONSABILITA’ PER L’USO IMPROPRIO DI QUESTO MATERIALE, DIFFUSO SOLO A SCOPO DIVULGATIVO.

Una leggenda dell’antica Britannia narra che un sambuco-strega (le streghe si trasformano spesso in Sambuco) trasformò un Re danese ed i suoi cavalieri in pietre per aver osato sfidarla. Queste pietre sono ancora oggi visibili nella regione dell’Oxfordshire, vengono chiamate ‘Rollright Stones’ e sono meta ancora oggi di riti pagani.

Altre leggende diffuse in tutta Europa raccontano di come dormendo sotto un Sambuco, ci si svegli al mattino in un mondo ultraterreno o come per il Tiglio, sulle sue radici nelle notti di Mezza Estate, si possa vedere sfilare un esercito di fate e folletti.

I rabdomanti, persone che servono di una bacchetta di legno per cercare sorgenti d’acqua nel sottosuolo, usano il legno di Sambuco o Nocciolo per fare le loro ricerche.

I rami di Sambuco venivano appesi a porte e finestre per purificare l’aria che entrava in casa (le essenze di foglie e fiori allontanano gli insetti molesti).

Per le popolazioni celtiche e pre-Celtiche (Germania, Svezia, Danimarca) gli alberi e più in generale tutte le cose di questo mondo avevano un’anima. Il sambuco era la Madre protettrice di tutti gli alberi. Se veniva tagliato un albero senza il suo permesso si sarebbero avute grandi sventure.

Il significato di questa credenza animista che per molti suona semplicemente come una superstizione, racconta di come l’uomo in passato dovesse prestare attenzione a come andava a modificare il bosco (o più in generale il territorio). Si creava un’etica e più specificatamente una filosofia di vita che metteva sempre in relazione l’uomo con tutto quello che lo circondava. Creando una relazione ed un contatto, si entrava in simbiosi con l’ambiente creando empatia. L’ostinazione di voler controllare tutto attraverso una semplice ‘visione’ antropocentrica del mondo è fallimentare ed autodistruttiva. L’aria che respiriamo e che entra nei nostri polmoni viene prima di tutto dalle piante, di cui ignoriamo completamente l’esistenza. Forse sono cambiate le credenze, siamo diventati più esperti e scientifici ma dobbiamo riconquistare sensibilità.

Post navigation